Tiziana D’Acchille: personale Del silenzio e della trasparenza, Palazzo Pubblico, Magazzini del Sale, Accademia Musicale Chigiana, Siena – Catalogo De Luca Editori d’Arte, Roma
LE VETTE E GLI ABISSI
Con la mostra “Del silenzio e della trasparenza” la ricerca pittorica di Vincenzo Scolamiero tocca un grado di compiutezza possibile grazie a un percorso durato da oltre un ventennio.
Dopo molti anni Scolamiero, al pari dei grandi artisti, ha raggiunto quel livello di consapevolezza ed esperienza che gli ha consentito di coniare un suo specifico e riconoscibile linguaggio e di ricreare un universo personale, astratto e concreto al tempo stesso, in cui si muove completamente a suo agio.
Temi cari a Scolamiero, veri e propri punti fermi della sua peculiare ricerca, sono la leggerezza della superficie, la lieve e delicata indagine di campiture che fluttuano simultaneamente nell’atmosfera racchiusa del quadro, e il rapporto privilegiato tra tessiture cromatiche, poesia e partiture musicali. Il rapporto con la natura e con le sue forme ha caratterizzato molta della produzione di Scolamiero, una produzione che ha dato origine a uno stile pittorico denso di richiami e suggestioni spesso vicine alla cultura e alla pratica artistica dell’Oriente più lontano.
Stavolta, però, lo sguardo di Scolamiero sembra essersi spinto oltre, raggiungendo una dimensione più alta e dando vita a immagini che i nostri occhi finora hanno solo percepito grazie alla tecnologia: possiamo guardare come esplode una supernova, così come osservare la forma di una galassia, o la texture del liquido cellulare, o la struttura della materia grazie a telescopi e microscopi che consentono di visualizzare tutto questo, e di rendere concreto un mondo altrimenti astratto e inimmaginabile.
Molti sono gli artisti contemporanei che si sono cimentati con la dimensione cosmologica (e cosmogonica) nel tentativo di rendere con l’immagine scaturita dalla creatività personale quello che si agita nelle viscere della Terra o dentro la materia stellare, parallelamente all’immagine reale. Tra questi artisti Scolamiero con questa nuova mostra arriva ad occupare senz’altro un posto di primo piano poiché dimostra di poter agevolmente esplorare ogni dimensione, di indagarne i lati in ombra, così come di poter illuminare forme e contorni di oggetti un tempo appartenenti alla realtà visibile. Oggi, quegli oggetti, di quella realtà conservano solo un ricordo evanescente e trasparente che proietta e replica all’infinito la propria sagoma. Nei quadri che definirei “aerei” si attraversa tempo e spazio con peculiare leggerezza, nei quadri più “terrestri” si avverte l’aggregarsi della materia senza l’appesantimento di tecniche materiche e di materiali , come se si entrasse in un crogiuolo di rame che sta fondendo, o come se si avesse immediato accesso alla quarta dimensione per vedere quello che succede a livello macroscopico e microscopico. Le forze che si agitano nel magma, atomi ed energie che vibrano non sono le immagini asettiche del monitor che legge, ma quelle del suo microscopio creativo.
Non più solo terre, pigmenti, velature su velature, inchiostri, dettagli desunti da tracce organiche di reperti vegetali, racemi, nidi e fossili. Il microcosmo di Scolamiero è oggi piacevolmente sovrastato da una luce aurea e ramata, da un pigmento metallico che domina la superficie in una esplosione avvolgente, quasi che le distese fluttuanti della lunga produzione degli ultimi anni siano giunte a un livello più profondo, scuro, ma contemporaneamente denso di luce in nuce, dorato, vicino all’assoluto, al tutto.
Di questo universo percorribile in tutte le direzioni, come un grande mondo virtuale esplorabile con la sensibilità e l’umanità del pennello anziché con la freddezza e l’impersonalità di un mouse, Scolamiero è riuscito a restituirci tramite le velature del colore le atmosfere aeree dell’iperuranio, mentre con la texture delle terre e dei metalli abbiamo percepito il clima degli abissi profondi e l’energia delle potenze ctonie che li abitano.
Nel quadro “Earth dances”, in particolare, questo rapporto con l’energia tellurica primordiale appare in tutta la sua intensità: da sempre la sensibilità pittorica di Scolamiero intrattiene un rapporto privilegiato con la musica contemporanea e le sonorità del magistrale brano di Harrison Birtwistle, per l’appunto “Earth dances”, hanno evocato in Scolamiero una superficie in cui le forze primigenie della terra sembrano farsi strada tra i diversi strati geologici, avanzando accompagnate dalla forza delle percussioni. Così, nel quadro, le sensibili e trasparenti velature sui toni freddi che avevano caratterizzato tanta della produzione precedente sono divenute materia magmatica in cui terra e metallo si fondono in una sorta di crogiuolo originario, quasi che Scolamiero sia riuscito a catturare il momento in cui la materia diviene tale, in definitiva il momento di creazione primigenia che dal caos indistinto cerca di definire gli elementi in una forma.
Le tante tele realizzate con il pigmento metallico aureo-ramato presenti in questa mostra vogliono ricordare le forze che tengono unito l’universo, ma il risultato è una vertigine non angosciosa che passa da uno stato all’altro in un istante che annulla lo spazio tempo, una vertigine in cui questo straordinario artista non ha timore di perdersi e in cui, anzi, ci accompagna in un viaggio fantastico.
Un universo altrettanto visionario è quello evocato dalla composizione “Tapiola” del musicista finlandese Jean Sibelius, ispirata a una divinità del Kalevala scandinavo, che ha rappresentato per Scolamiero un fondamentale punto di riferimento e di consonanza: le intricate e fitte foreste della Finlandia sono servite a pretesto per Sibelius per raccontare i “suoni” del movimento del fogliame, incontrando così l’immaginario visivo delle bellissime e raffinatissime tele di Scolamiero.
Per chi scrive, conoscere questo aspetto dell’opera di Scolamiero è un’autentica rivelazione. Avendone seguito da tempo le diverse declinazioni, sembra oggi di assistere a una sorta di illuminazione rivelatrice del senso ultimo della sua poetica: celata negli anni dietro un’apparente leggerezza e un grande riserbo, anche caratteriale, c’è una profondità emotiva rara e una capacità di penetrare le emozioni, proprie e altrui, e di riportarle, accompagnate da musica e poesia, nella ricerca. La capacità di leggere dentro le cose e dietro gli sguardi degli altri è una dote rara. Vincenzo Scolamiero è forse giunto, con la sua opera, a raccontarci qualcosa di molto prezioso, e cioè che le vette e gli abissi arrivano a toccarsi nel ciclico ed eterno fluire e che lo spazio e il tempo, se attraversati con lo sguardo visionario dell’arte, non esistono.
Tiziana D’Acchille
Ottobre 2021